martedì 26 giugno 2012

L'ascensore

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Berlino. Un pomeriggio di settembre. Sono qui per un appuntamento di lavoro, presso una fiera che si tiene qui tutti gli anni in questo periodo. Il taxi mi lascia in Alexanderplatz. L’albergo dove passerò la notte è proprio davanti a me, in un futuristico grattacielo da almeno 30 piani. Mi avvicino all’ingresso e varco la soglia. La hall è di forma ovoidale. Mi ritrovo su uno dei lati più lunghi dell’ovale. Alla mia sinistra la reception, rotonda e molto ampia, al cui interno si muovono indaffarate almeno una decina di persone. Alla mia destra c’è un bar, anche lui rotondo e perfettamente simmetrico con la reception posta sul lato opposto. Divani di pelle colorata sono sparsi qua è là di fronte al bar e alla reception. A destra del bar un corridoio porta al ristorante. Credo che lascerò il trolley in camera e poi scenderò nuovamente a bermi una birra. Le pratiche di check-in vengono evase rapidamente, come è tipico in alberghi di questo livello. Mi viene assegnata una camera al terzo piano. La conosco: è la stessa dell’anno scorso e dell’anno prima ancora. Che razza di coincidenza. Esattamente dalla parte opposta dell’ingresso vi sono sette ascensori, uno di fianco all’altro. Un campanello d’allarme scatta dentro di me. Non succede mai nulla di buono quando devo prendere un ascensore nei miei sogni. Sì, perché sto sognando, e di questo mi rendo perfettamente conto.

venerdì 22 giugno 2012

Rogue Moon

Partire è un po’ come morire, si dice. E se questo è vero, è tanto più vero per i protagonisti-antagonisti di “Rogue Moon” (“Il satellite proibito”), romanzo dello scrittore Algis Budrys, finalista agli Hugo Awards nel 1961, che fu pubblicato in Italia nel nr. 29 della collana “Futuro” e nel nr. 174 della collana “Classici Urania”.

Non solo solito scrivere di fantascienza su questo blog. Anzi, a dire la verità non sono solito scrivere di letteratura (anche se ho avuto la pretesa di millantarlo là in alto, nel sottotitolo del blog). Beh no, in realtà qualche volta l’ho fatto, ma sicuramente non in maniera sistematica e, come salta evidentemente agli occhi di chi mi legge, in maniera tutt’altro che professionale rispetto a tanti altri blog tematici che ho visitato ultimamente. Proprio a causa delle mie recenti frequentazioni in tali blog, mi è salito l’irresistibile desiderio di recensire qualcosa. Oddio, forse recensire non è proprio il termine adatto. Diciamo piuttosto blaterare qualcosa a proposito di un libro. Un libro che tra l’altro non ho nemmeno letto di recente ma al quale, per una di quelle ragioni inspiegabili, non ho mai smesso di pensare.
Non so se userei la parola capolavoro per questo romanzo, ma posso dirvi che è stato capace di toccare delle corde dentro di me che altre opere, ben più blasonate, non sono riuscite a raggiungere. E’ singolare che ci sia riuscito un romanzo di fantascienza, genere troppo spesso un po’ sottovalutato.

lunedì 18 giugno 2012

The Suicide Manual

Quando si parte l'anima feroce / dal corpo ond'ella stessa s'è disvelta / Minòs la manda a la settima foce / Cade in la selva, e non l'è parte scelta / ma là dove fortuna la balestra / quivi germoglia come gran di spelta / Surge in vermena e in pianta silvestra / l'Arpie, pascendo poi de le sue foglie / fanno dolore, e al dolor fenestra / Come l'altre verrem per nostre spoglie / ma non però ch'alcuna sen rivesta / ché non è giusto aver ciò ch'om si toglie / Qui le trascineremo, e per la mesta / selva saranno i nostri corpi appesi / ciascuno al prun de l'ombra sua molesta.
Così il Sommo poeta descrive (Inferno, canto XIII) il destino delle anime dei suicidi, relegate in una selva fittissima e innaturale, dai colori cupi e dalla vegetazione intricata. Gli alberi sono le anime stesse dei suicidi: uomini trasformati in piante, regrediti ad una forma di vita inferiore, poiché hanno rifiutato la loro condizione umana uccidendosi e, per tale motivo, non più degni di avere il loro corpo. Dopo il giudizio universale, si dice, i suicidi non potranno rivestire, come tutte le altre anime, i corpi di cui si sono volontariamente privati, ma li trascineranno nella selva e li appenderanno ciascuno ai rami del proprio albero. Ma è davvero questo il destino delle anime dei suicidi? Lo scenario descritto nella Divina Commedia è senz’altro il più noto. Ma le religioni, le leggende e il folklore locale spesso raccontano cose diverse.

giovedì 14 giugno 2012

Il destino di Pilčík

Sapete cosa sono i “What if”? Sono fondamentalmente dei divertissement con cui alcuni autori (di romanzi, di fumetti, di sceneggiature) si dilettano a riscrivere la storia di un personaggio. In genere, ma non sempre, partono da un “bivio” della storia ufficiale e raccontano cosa sarebbe successo se il personaggio in questione avesse agito diversamente o se semplicemente, per una banale coincidenza, la sua storia personale avesse preso una piega diversa, proprio come nel film “Sliding doors”… ma non divaghiamo.

Ultimamente ho rimuginato un po’ sul destino, o fato, chiamatelo come vi pare, sulle conseguenze delle nostre azioni, e sulle coincidenze. La nostra vita è decisa dal destino, e quindi qualsiasi cosa facciamo prima o poi veniamo riportati sui binari che siamo destinati a percorrere, oppure siamo effettivamente noi a decidere il corso degli eventi con le nostre azioni? Vi confesso che non sono mai riuscito a dare una risposta definitiva a questo quesito, e anche se le leggi dell’universo mi porterebbero così, d’istinto, a propendere per la prima ipotesi, la mia natura ribelle e l’esistenza delle coincidenze mi fanno sperare nella seconda. Penso spesso alle coincidenze e alle… conseguenze. Azione e reazione, causa ed effetto… una porta che si chiude e una che si apre, o che almeno si dischiude…

lunedì 11 giugno 2012

L'ombra nello specchietto

Giusto un paio di settimane fa ho dato il via ad un piccolo progetto di ricostruzione dei miei ricordi più sbiaditi. L'idea è molto semplice: frugo nella mia memoria, scovo un particolare semi-perduto (anche fosse solo una sensazione) e cerco di tirarne fuori qualcosa. La volta scorso sono partito da un vago ricordo di un vecchio film apparentemente scomparso. Partendo da pochi indizi sono riuscito a risalire a qualcosa di concreto. Voglio provare quindi a ripetere l'esperimento: stavolta voglio riuscire a risalire alle cause di una mia ancestrale paura. Ho detto "ancestrale", ma forse non è esattamente il termine più adatto. Vediamo.... Fobia? No. Angoscia? Nemmeno. Ecco, diciamo che si tratta di un puro e irrazionale terrore che mi assale impovvisamente mentre sto guidando, da solo, in piena notte. Fortunatamente non mi accade spesso, nè di guidare in piena notte, nè tantomeno di essere solo. Succede che improvvisamente la mia attenzione viene catturata dalla presenza dello specchietto retrovisore, quello centrale, proprio sopra i miei occhi. Mi sale un brivido. Vorrei guardarci dentro ma non riesco. Allora lo afferro con una mano e lo sposto, in modo che il mio sguardo non possa inavvertitamente incrociare il suo riflesso. Chi legge il mio blog regolarmente sa che lo specchio riaffiora spesso nel contenuto dei miei post. Immagino che non sia casuale, così come non è casuale che abbia pensato allo specchio quando, oltre un anno fa, ho iniziato a scrivere qui.

mercoledì 6 giugno 2012

Häxan

Sesso, stregoneria, satanismo, blasfemia, cannibalismo, adulterio, corpi deformi. Sono concetti a cui oggi siamo ormai assuefatti. Spesso ormai ne ritroviamo riscontri nella cronaca nera. Il cinema, la letteratura e le varie forme di “intrattenimento”, a cui siamo ormai abituati, ne hanno ampiamente fatto man bassa, al punto che non è raro che certi concetti passino ormai inosservati. Ma ci credereste se vi dicessi che un film a base di sesso, stregoneria, satanismo, blasfemia, cannibalismo, adulterio e corpi deformi (tutto questo, non solo una parte) siano contenuti in un’unica pellicola, girata nientemeno che nel 1922? La riposta è si. Per quanto possa sembrare incredibile, in quell’epoca di pionieri, fu realizzato un film che sarebbe divenuto uno dei più controversi casi della storia del cinema. Dapprima impazientemente atteso, poi applaudito, poi contestato, poi denigrato, poi distrutto, quindi ritrovato, restaurato, manipolato, di nuovo applaudito e di nuovo contestato, fino alla sua definitiva consacrazione.

Benjamin Christensen nel 1922 era già un regista affermato, reduce da diversi importanti risultati raggiunti sia in patria (Christensen era nato il 28 settembre 1879 a Viborg, in Danimarca) sia all’estero. Le sue opere, prima fra tutte “Blind Justice” del 1915, erano già considerate all’avanguardia per l’epoca, sia per i contenuti sia per le tecniche di regia, ma fu con “Häxan” che Christensen riuscì a realizzare il suo vero capolavoro, quello che lo rese immortale.

sabato 2 giugno 2012

Rasputin

“Quando Sodoma e Gomorra saranno riportate sulla terra e gli uomini vestiranno da donna e le donne vestiranno da uomini vedrete passare la Morte cavalcando la peste bianca. E le antiche pestilenze saranno come una goccia d’acqua nel mare, rispetto alla peste bianca. Montagne di cadaveri verranno ammassate nelle piazze e milioni di uomini porteranno la morte senza volto... Città con milioni di abitanti non troveranno le braccia sufficienti per seppellire i morti e molti paesi di campagna saranno cancellati con un’unica croce... Nessuna medicina riuscirà a frenare la peste bianca perché questa è l’anticamera della purificazione. E quando nove uomini su dieci avranno il sangue marcio verrà gettata sulla terra la falce perché sarà giunto il tempo di ritornare a casa.”
Di questa, famosissima, e altre agghiaccianti profezie sono pieni gli scritti di Rasputin: sono il testamento che ci ha lasciato insieme al ricordo indelebile della sua personalità, così controversa e complessa da sfuggire a ogni precisa collocazione. Su questo bizzarro personaggio è già stato detto di tutto e di più. Forse non c’è davvero bisogno del mio post, ma la sua figura ammantata di ambiguità e mistero e, proprio per questo, così affascinante da far ancora parlare di sé a quasi un secolo dalla sua scomparsa, mi ha sempre affascinato moltissimo e voglio quindi rendergli omaggio; e voglio ricordare le circostanze della sua morte, ormai entrate a far parte della leggenda.
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